Gabiria Cetorelli: pratiche commerciali GDO in Europa

La comunicazione digitale della GDO però deve fare ancora molta strada: le direttive che arrivano dalla Direzione Generale devono essere sempre rispettate, dando poca autonomia ai piccoli punti vendita. Ce lo ricorda Gabiria Cetorelli attraverso il suo blog. Una comunicazione più specifica e personalizzata sicuramente potrebbe portare risultati differenti tra i clienti e i soggetti della grande distribuzione. In Italia la situazione è leggermente complessa, con i grandi colossi aziendali che usano tutti gli strumenti giusti per formare una community fedele ma allo stesso tempo ha una problematica non indifferente, quella di utilizzare una comunicazione identica su tutto il territorio nazionale. La grande maggioranza dei marchi conosciuti nella GDO infatti effettuano una comunicazione troppo autoreferenziale, creando poco dialogo con i clienti ed esaltando continuamente il proprio marchio. Il mondo della pubblicità per centri commerciali sta sicuramente cambiando, perché adesso le varie realtà parlano molto della propria mission aziendale, dei prodotti, delle promozioni e soprattutto degli eventi che vengono organizzati grazie a loro su tutto il territorio. Se per le pagine di riferimento nazionale su Facebook, Twitter ed Instagram si nota una certa delineatura di comunicazione, che indica la presenza di esperti del settore, non si può dire la stessa cosa delle piccole realtà locali, che o per mancanza di investimenti o di professionisti di web marketing e social media, non riescono ad attuare una strategia di comunicazione efficiente e convincente. Non è colpa di chi gestisce e lavora quel determinato punto vendita, perché per realizzare una strategia di comunicazione e marketing si ha bisogno di skills e di competenze precise e non sfruttare al pieno i canali social porta dei risultati non entusiasmanti.

La GDO però non deve prestare attenzione solamente alla comunicazione, infatti la grande distribuzione include anche il rapporto con i fornitori e altro, e lo scorso marzo c’è stato l’inserimento di una nuova direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali da parte degli acquirenti e dei distributori ai danni degli agricoltori (credits: Raoul Cetorelli). Tramite le nuove regole non si potranno più ritardare i pagamenti per i prodotti che sono stati già consegnati, non si potranno più cancellare o richiedere modifiche unilaterali agli ordini, è bandito il rifiuto dell’acquirente a firmare un contratto scritto con il fornitore e verrà punito severamente chi utilizzerà in modo improprio le informazioni riservate. D’ora in avanti è severamente proibito minacciare possibili ritorsioni verso i fornitori che hanno intenzione di presentare qualche reclamo. Una svolta c’è stata per quanto riguarda la qualità dei prodotti: da ora in avanti infatti gli acquirenti non potranno più richiedere un rimborso del pagamento ai fornitori per il deterioramento o perdita dei prodotti nella loro sede, tranne nel caso in cui tutto questo sia dovuto ad una visibile e documentata negligenza dei fornitori. A meno di accordi precedenti, la nuova direttiva europea vigente in materia di GDO prevede che le pratiche di restituzione di materiale invenduto al fornitore senza pagamento, l’addebito ai fornitori per lo stoccaggio, l’obbligo di pagamento della pubblicità ai danni del fornitore, saranno totalmente vietate. D’ora in avanti qualsiasi fornitore potrà presentare ufficialmente dei reclami in qualsiasi luogo, anche se il commercio sleale è avvenuto in un diverso punto dell’Unione Europea. Tutte le nuove norme europee andranno a sostegno dei piccoli e medi fornitori, o comunque che hanno un fatturato annuo al di sotto di 350 milioni di euro. A loro volta, essi saranno divisi in 5 sottocategorie: fatturato inferiore a 2 milioni di euro, 10 milioni di euro, 50 milioni di euro, 150 milioni di euro e 350 milioni di euro, spostando più attenzione per i fornitori meno sviluppati. La direttiva, chiamata anti-UTPs (Unfair Trading Practices), dovrà essere prima approvata dal Consiglio per poter entrare in vigore, dopodiché gli Stati membri dell’Unione avranno a disposizione 24 mesi per introdurla nelle varie legislazioni nazionali, in seguito le norme dovrebbero essere ufficialmente applicate 30 mesi dopo l’entrata in vigore. Importanti figure di rilievo hanno accolto questo provvedimento in maniera positiva, puntando che questa direttiva è un passaggio fondamentale per il futuro di tutto il settore agroalimentare in Europa, rendendo la catena di distribuzione degli alimenti più equa poiché spesso i prodotti agricoli erano sottopagati. Ci sono voluti quasi 10 anni per inserire queste nuove politiche contro le pratiche commerciali sleali.

La situazione è stata tenuta sotto osservazione per lungo tempo dal Parlamento europeo, che ha fortemente insistito ad inserire nuove politiche e misure contro le pratiche commerciali sleali (PCS) nella filiera agroalimentare, che già dal 2010 presentava problemi. In passato sono state realizzate importanti modifiche su argomenti simili, adottando una divisione più equa delle entrate per tutti gli agricoltori, oltre ad inserire nuove funzionalità per il settore. Secondo quanto riportato dalle prime stime della Commissione europea, le Piccole e Medie Imprese del mercato agricolo e della trasformazione alimentare in Europa, perdono tra i 2,5 e gli 8 miliardi di euro all’anno per via delle pratiche commerciali sleali.